La storia

Salve, io sono Raffaele, nato nel lontano 1980 a Grosseto, diplomato come Geometra e appassionato da sempre di programmazione.

L’inizio

Coltivo la passione per la programmazione dall’età di 14 anni, quando mi fu regalato il primo personal computer: Commodore 64. Dopo pochi mesi di piacevole utilizzo dei videogame, forniti in cassette, iniziai a sviluppare un’irresistibile curiosità di come funzionassero e di come poterli ricreare. All’epoca non esisteva ancora internet, o per lo meno non come lo conosciamo oggi, e recuperare informazioni era decisamente molto più difficile. Ma tra il manuale allegato alla scatola e i pochi testi disponibili nelle librerie comunali, riuscii ad iniziare il mio viaggio, senza fine, in un mondo pieno di entusiasmanti sorprese, scoperte e soddisfazioni.

La prima esperienza

Nel 1996 sviluppai il mio primissimo e primitivo videogame in linguaggio “basic”, che battezzai “Labirint”. Influenzato dai giochi di ruolo volli ricreare un labirinto, quelli che oggi vengono soprannominati dangeons (rougue-like). Per disegnare i muri sfruttai i simboli messi a disposizione dalle tabelle dei caratteri speciali. Il personaggio, rappresentato da una semplice lettera, poteva muoversi, sfruttando il joystick, all’interno del labirinto, incontrando nemici, trappole e tesori. Lo strutturai in 3 livelli, i primi due erano classici labirinti, mentre l’ultimo era un campo di battaglia dove affrontare il nemico finale, anch’esso rappresentato da una lettera che “sparava” proiettili, anch’essi rappresentati da simboli, contro il personaggio che, cercando di evitarli, doveva avvicinarsi quanto bastava per colpirlo e quindi sconfiggerlo. Per quanto la grafica fosse estremamente semplice e spartana mi sentii orgoglioso di aver creato un programma di migliaia di righe di codice. Impiegai mesi a completarlo, ma non dimenticherò mai le giornate passate a progettarlo (almeno 2 o 3 quaderni) e le notti per scrivere codice su codice. All’epoca si salvava tutto su cassetta e più di una volta ho dovuto ricominciare da capo per mal funzionamenti del supporto; questo però mi ha insegnato il valore dei backup.

Facciamo sul serio

Nel 1999 ebbi la fortuna di ricevere in omaggio, da un geometra con cui facevo stage formativo, un PC, processore 80386 a 16bit, con installato l’antico sistema operativo Windows 3.1 di casa Microsoft. Iniziai quindi a documentarmi su quale fossero i linguaggi di programmazione più usati e mi imbattei sul C++ (linguaggio di programmazione inventato da Bjarne Stroustrup). Acquistai diversi libri: uno dedicato interamente al linguaggio C++ (di cui mi innamorai), uno sulla programmazione ad oggetti, uno sull’ingegneria del software e uno sul C. La programmazione ad oggetti fu un vero e stimolante esercizio per la mente, ad ogni capitolo che divoravo mi riempivo di idee e di problemi da risolvere. Completata la fase di formazione auto didatta applicai quanto imparato sul primo progetto con C++: StairWay. Il mio programma aveva lo scopo di risolvere una noiosa attività che dovevo svolgere durante il tirocinio presso un Ingegnere Edile, quello di disegnare sezioni e armature delle scale in cemento armato su AutoCAD. Nulla era più noioso, sopratutto perché era ripetitivo e spesso i successivi lavori differivano dai precedenti per piccolezze che facevano comunque perdere un sacco di tempo tra controlli e ridimensionamenti vari. Il mio programmino aveva l’onere di disegnare in dxf (formato testuale di AutoCAD, di cui trovai i protocolli proprio nel manuale avanzato che mi presto un Architetto) la sezione della scala partendo dalle misure del singolo scalino e del pianerottolo, completo di relativi esplosi dei ferri indicandogli la quantità da metterci e il diametro. Non mancavano neanche le quotature e le relative indicazioni testuali. Sfortunatamente lo sfruttai poco, nonostante una grafica accattivante, con dettagliati disegni e istruzioni per l’utilizzo, dovetti metterlo da parte quando uscii la nuova versione del sistema operativo di casa Microsoft, sul quale il mio programma non funzionava per incompatibilità. Purtroppo non trovai mai il tempo di aggiornalo.

Le comunity e il lavoro di squadra

La mia passione per la programmazione mi regalo anche molte amicizie e molte occasioni di confronto, tra convegni e fiere che si svolgevano a giro per l’Italia. Le mie tappe annuali preferite erano Firenze e Roma, dove conobbi persone dalle visioni sconfinate, a volte al limite dal racconto fantascientifico. Una vera e propria filosofia di vita che chiamavano “open source”. Il concetto del codice libero, che non ha nulla a che vedere con il lavorare gratis, sembrava essere il nuovo cavallo di battaglia della comunità informatica. Affascinato e influenzato da questa corrente mi avvicinai al nuovo sistema operativo che ne rappresentava l’apice dell’iceberg: Linux. Un sistema operativo versatile, libero, aperto e manipolabile: avevo trovato un vero e proprio tesoro. Inutile dire che abbandonai subito Windows per passare ad una piattaforma notevolmente superiore. Furono anni di collaborazioni, di progettazione e sviluppo in gruppo, imparai le metodologie, linguaggi nuovi (Javascript, PHP, Java, SQL, Joy, sh, ML, Perl, Ruby, ecc), tecniche avanzate, accortezze che si imponevano per lavorare a grossi progetti come parte integrante di un gruppo mostruosamente grande, di cui spesso non conoscevi tutti, e onestamente io conoscevo pochissimi dal vivo. La maggior parte delle comunicazioni erano eseguite tramite email o chat, una sorta di project manager stabiliva la parte di codice che ogni membro doveva sviluppare, indicando parametri da ricevere e risultati da restituire. Non era raro che si lavorasse ad algoritmi di cui non si conosceva ne il luogo in cui sarebbe finito e a volte neanche il programma che lo avrebbe sfruttato.

Pausa riflessiva

Nel 2005, forse purtroppo o forse fortunatamente, aprii ufficialmente la mia attività di geometra, con tanto di iscrizione all’Albo, ufficio con tirocinante, strumenti, ecc. Dovetti tornare all’utilizzo di Windows, il quale primeggiava tra i sistemi operativo destinatari della maggior parte dei software professionali, quali AutoCAD, DocFA, PreGEO, Primus, ecc. Per qualche anno abbandonai il mondo informatico per dedicarmi a tempo pieno al lavoro di geometra, che comunque mi piaceva e mi ha regalato belle cose, ma anche qualche gratta capo. Mi limitavo a programmare qualche progettino personale durante la sera, quando dopo un’intera giornata tra clienti, istituzioni pubbliche e burocrazia, ero decisamente a pezzi e passare qualche ora immerso nella programmazione che mi aiutava a rilassarmi.

Una passione che diventa lavoro

Qualche anno dopo incontrai una nuova occasione, un’azienda di Grosseto doveva sviluppare un programma gestionale online in PHP per un’azienda di trasporti. Stavolta, per la prima volta, mi trovai nuovamente nel mondo della programmazione con tanto di retribuzione. Era la prima volta che venivo pagato per passare le ore a fare quello che mi piaceva di più. E’ difficile spiegare le sensazioni del frangente, per me che la programmazione era un gioco, un relax, una passione, quello che all’epoca veniva definito come hobby, era letteralmente un controsenso, è come se da piccolo mi avessero pagato per giocare, o come se mi pagassero per mangiare o dormire. Non avevo mai pensato che potesse diventare una fonte economica. Progettato e realizzato senza gradi difficoltà. Da questo punto in poi mi resi disponibile sul mercato, intrapresi la strada del marketing per farmi conoscere, studiai quindi i testi di maggior voga sull’argomento comunicazione e su come presentare un prodotto o un servizio con efficacia. Quest’ultimo argomento, per quanto indispensabile, usciva completamente dall’ambito della programmazione e iniziai a rendermi conto che trasformando una passione in un lavoro non avrei passato realmente le mie giornate a “giocare”, ma ci sarebbero stati molti altri aspetti tutt’altro che rilassanti. Gli anni successivi furono faticosi, molto faticosi, perché da una parte facevo il geometra e dall’altra facevo programmi e siti. Un vero conflitto interiore mi accompagnò per anni, non volevo rinunciare a nessuna delle due attività e quindi le coltivavo entrambe, seguendo il principio che “avrò l’eternità dopo la morte per riposarmi” e “la vita è passione e solo con le passioni si vive realmente”.

Digireturn

Crisi economica mondiale la chiamarono, ne viviamo tutt’oggi gli effetti e le conseguenze che sono rimaste invariate negli ultimi anni ed ormai più che superata la considerò parte del sistema e la capacità umana di abituarsi a qualsiasi cosa l’ha resa la nuova realtà. Fatto sta che con la crisi edilizia, nel giro di pochi anni, l’attività da geometra ne risentì fortemente e dovetti, con rammarico, prendere una decisione importante che mi condusse poi a chiudere lo studio tecnico ed aprire l’attività di programmatore.
Il resto della mia storia devo ancora viverla prima di poterla scrivere… to be continued!

1

Analisi dell’idea, identificazione degli obbiettivi, organizzazione degli strumenti, elaborazione della storia.

2

L’estetica del sito è definita “template grafico” e deve rappresentare l’immagine dell’azienda ed il relativo marchio/brand.

3

Costruzione di backend ad hoc, che permettano all’amministratore di concetrarsi sui contenuti da gestire.

4

Affiancamento e documentazione per illustrare e istruire il gestore del sito all’utilizzo.

5

Visibilità, indicizzazioni, social network e sponsorizzazioni

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